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Ecco la Rai del governo Meloni: va in onda il cerchiobottismo sovranista

di Beatrice Dondi   14 luglio 2023

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Con il mantra del pluralismo si arginano le falle con un po’ di riconferme. Tornano in auge fedelissimi, con qualche deluso. Anche così le reti pubbliche si ibridano con la presunta concorrenza

Il Tg1 delle 20 dà la notizia dell’accusa di stupro del rampollo La Russa come quarto titolo. Parte il servizio: «È polemica sulle parole del presidente del Senato che ha espresso in un primo momento dei dubbi sulla versione di una ragazza che aveva assunto cocaina prima di incontrare Leonardo Apache e accusarlo di molestie sessuali. Il presidente ha poi precisato di essere stato frainteso, ma è attacco del Pd. Cirielli: “La lapidazione preventiva di un ragazzo solo per il suo cognome è la regressione di un modo di fare politica che guarda solo all’attacco personale». E poi via alla disamina delle sostanze stupefacenti, benzodiazepine e chissà quante altre diavolerie che avrebbe assunto la vittima come fosse una minigonna di un qualunque processo per stupro di lontana memoria.

Ecco, il giorno della presentazione dei palinsesti Rai, all’insegna del rispetto del pluralismo, il telegiornale della sera affrontava di lato il macigno di un Paese in cui la seconda carica dello Stato minava con scioltezza la credibilità di una ragazza che ha denunciato di essere stata violentata. È la televisione pluralista bellezza, potrebbe dire l’ad Roberto Sergio, che allarga le voci e la platea. Alcune le modifica a suo piacimento, come denuncia il cdr di Rai News 24, servizi non graditi e dunque sforbiciati a dovere dal direttore meloniano Sergio Petrecca. Ma l’importante è il pluralismo e ancora sì, soprattutto, pluralismo.

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Lo hanno usato dirigenti e comunicati e ne hanno fatto uno slogan ossessivo, come i venditori ai banchi del mercato, venite venite guardate come sono pluralisti i nostri meloni, così giusto per citare un frutto a caso. Nessuna epurazione, ma quale editto bulgaro, anzi spazio all’informazione libera e ovviamente plurale. Chi si aspettava l’entrata a zampa tesa del governo come un Godzilla di passaggio è stato ovviamente deluso, nessun incenso per gli estimatori della prima ora della signora premier, niente Massimo Boldi e neppure Fabrizio Bracconeri, che nonostante l’autocandidatura a sostituto di Fabio Fazio è rimasto relegato ad alcune ospitate al programma diversamente elegante “La zanzara”.

A ben guardare tra le pieghe però, si è cominciato a percepire quell’infiltrazione lenta e inesorabile che si insinua nel muro a poco a poco e decide di rivelarsi quando ormai il danno è fatto. Per esempio, con i servizi dei Tg che ricordano in qualche modo la gloriosa Rete 4. D’altronde come diceva Woody Allen, a qualcuno bisogna pure ispirarsi. Ma con furia discreta, come l’acqua. Così alcuni nomi eccellenti portabandiera delle «istanze della sinistra» sono stati esibiti come medaglie, vedete, c’è persino Roberto Saviano con il suo “Insider”, proprio lui citato in giudizio da Giorgia Meloni, che lo accusa di averla diffamata in diretta tv. Resta la striscia di Marco Damilano con il “Cavallo e la Torre”, e torna Geppi Cucciari con “Splendida cornice”, scritto con Luca Bottura a cui il neodirettore Francesco Pionati ha cancellato senza preavviso alcuno il bel “Forrest” con Marianna Aprile su Radio Uno. Un colpo al cerchio e uno alla botte appunto, anche se dopo la figura barbina che la magnifica Cucciari ha fatto fare al ministro Sangiuliano nel corso della diretta del Premio Strega non si sa quanto sarà accolta dagli applausi nei corridoi di viale Mazzini.

Certo, poi arriva Filippo Facci, il giornalista di Libero che scriveva “Cessismo” sotto una foto di Michela Murgia. Qualche dubbio sulla sua personale visione di pluralismo sarebbe dovuto sorgere ben prima di affidargli la striscia quotidiana di «informazione irriverente». Invece si fischietta per qualche ora sino all’articolo su «una ragazza di 22 anni indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo La Russa». A questo punto esplode il caso e il resto è storia.

Ma basta spulciare il passato recente: nel vicino maggio 2022 nel suo intervento alla Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Milano, raccontava alla platea: «Ero a casa mia quando mi capita una vecchia foto nella quale ero abbracciato con Giorgia Meloni, ad Atreju qualche anno fa. La pubblico su Facebook alle 23.20 e scrivo: “Quando c’è un carro dei vincitori, io sono già sceso”. Sono le 23.25, squilla il cellulare ed è Giorgia Meloni, che mi dice: “Ma sei scemo? Domani vieni e parli prima di me”». Ecco fatto, neanche fosse Pino Insegno.

Ah già, il giovane Insegno con un glorioso futuro dietro le spalle si vede affidati due programmi, il gioco natalizio del “Mercante in fiera”, che finisce però giusto prima dello scarto dei regali, il 22 dicembre, per poi ereditare il fardello lasciato da Flavio Insinna, che è stato semplicemente rimosso dall’immaginario dirigenziale per destinazioni d’uso sconosciute ai più. «Devo dimostrare in campo quello che valgo, sono 40 anni che faccio questo mestiere», ha dichiarato il doppiatore di Aragorn, che si è dovuto giustificare per le sue frequentazioni a Palazzo Chigi, della serie sono amico della premier ma non lavoro per questo. Poi vabbè si scopre che gli stanno affidando una serie di eventi di beneficenza e chissà dove sbucherà all’improvviso, d’altronde verrà il giorno della sconfitta ma non è questo il giorno.

Il fatto grave ma non serio è che i nomi a disposizione del parco giochi sovranista sono quel che sono, studenti scarsi che più di tanto non possono rendere anche se si applicano: qualche serata a Enrico Ruggeri, il ritorno di Luca Barbareschi, il raddoppio di Monica Setta, l’immarcescibile Pierluigi Diaco. Insomma, un bottino troppo esile per riuscire a riempire le voragini causate dalle uscite eccellenti di questi mesi. Lucia Annunziata lascia solo il titolo che verrà rimpiazzato con le mezz’ore da Monica Maggioni, qualche ipotesi all’orizzonte («di peso, deve essere un nome di peso») per la controfigura di Bianca Berlinguer che trasloca con tanto di diminutivo a Rete 4 portandosi dietro Mauro Corona in una sorta di morphing televisivo in cui Mediaset si “Raizza” e viceversa.

Bando alle identità ideologiche e figuriamoci di genere. Rai Tre si spoglia con discrezione dei panni di TeleKabul («TeleKabul era un brand. Ma anche i brand possono usurarsi», come ha dichiarato il direttore generale Giampaolo Rossi) lasciando in un angolo nascosto i braccialetti di Fabio Fazio che chiedono la verità su Giulio Regeni e le letterine di Luciana Littizzetto, gioiosamente divisa tra Discovery e le esibizioni di Canale 5 e tutto il palinsesto si riempie di talent show, divertimento da villaggio vacanza, imitatori, ballerini, giochi aperitivo e nientemeno che Nunzia De Girolamo in prima serata liberamente ispirata al Gianfranco Funari di “A bocca aperta”.

Arriva persino il dating show, ovvero sulla blanda scia di “Uomini e donne”, un programmino che cercherà di fidanzare figli ancora single dai 18 ai 45 anni con l’accordo dei genitori. Alla conduzione di “Mi presento ai tuoi”, Lorena Bianchetti che avendo appena intervistato il Papa sulla famiglia tradizionale si è preparata quanto basta. Alla fine, quando si fermano le bocce si potrebbe vedere un quadro abbastanza simile al precedente, ma il nuovo volto apparirà come una Sindone tra qualche mese, quando lo sguardo sarà distratto a sufficienza. E verrà fuori che la nuova Rai è di tutto e di tutti. Ma di alcuni probabilmente di più.