Parigi ha paura. Militari da tutto il mondo per proteggere le Olimpiadi dall'Isis (e da Putin)

Due uomini sono entrati ieri nello stadio Paul-Lignon di Rodez, nel sud della Francia, sparando all’impazzata con le loro armi automatiche contro gli spettatori, compresi centosessanta studenti. Numerosi i morti, altrettanti i feriti, mentre i superstiti sono stati evacuati nel panico più totale dai militari e dalle forze dell’ordine, prima che venisse lanciato l’assalto ai terroristi. Poi tutto è tornato in ordine, come nulla fosse. Quella di giovedì era solo una simulazione di un attacco terroristico, quindi un evento che non si è davvero verificato, ma che potrebbe accadere secondo quanto si ricomincia a pensare in Francia di questi tempi. A soli quattro mesi dall’apertura delle Olimpiadi di Parigi, il paese si barrica. “Anche se nessuno vuole il peggio, dobbiamo prepararci, controllare il coordinamento tra i diversi servizi statali”, ha spiegato a fine esercitazione il colonnello Thomas Riou, alla guida della 13esima Brigata della Legione straniera. Il suo battaglione metterà a disposizione 800 uomini, che si uniranno ai 45mila tra poliziotti e militari già mobilitati. Ma potrebbero non bastare. La richiesta che il governo francese ha fatto pervenire già da un paio di mesi a 46 paesi parla chiaro: servono altri 2.185 rinforzi per garantire la massima sicurezza, di cui solo un piccolo contingente verrà utilizzato per compiti “molto specifici”. Pertanto, qualunque paese vorrà mandarli è ben accetto. La prima a rispondere all’appello è stata la Polonia. Ad affermarlo è stato il ministro della Difesa, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, senza specificare il numero dei soldati e sorvolando sulle mansioni che andranno a ricoprire, parlando in modo generale di “rilevamento di esplosivi e lotta al terrorismo”. “Non è affatto una coalizione internazionale”, pensata per le Olimpiadi, precisa una fonte diplomatica a Libération, ma di una naturale collaborazione tra Stati. La Francia aveva già accolto lo scorso anno 160 poliziotti da paesi terzi in occasione della coppa del mondo di rugby, mentre aveva spedito 200 dei suoi gendarmi in Qatar per il mondiale di calcio. Niente di nuovo dunque, ma non per questo meno preoccupante. Le immagini della strage alla Crocus City Hall di Mosca hanno fatto precipitare la Francia di nuovo nella sindrome del terrore. Il rimando al Bataclan è stato forzato: stesso carnefice (Isis), identico evento (un concerto), uguali modalità di uccisione (uomini armati scendono da un’auto, sparano a sangue freddo, poi la fuga). Simile anche il numero dei morti, sebbene il conto dei russi sembra destinato a salire visti i tanti dispersi. Ma il Bataclan è solo uno dei vari attentati che il paese ha subito nell’ultimo decennio: Charlie Hebdo, Nizza, Strasburgo quelli più sanguinosi; Marsiglia, Saint-Quentin-Fallavier, poi di nuovo Parigi sugli Champs-Élysées giusto per citarne altri. Sarebbero potuti essere molti di più, perché quando Emmanuel Macron è arrivato all’Eliseo, nel 2017, sono stati 45 gli attentati sventati. Compresi quelli dell’Isis-K, come confermato dallo stesso presidente francese. Motivo per cui non appena compresa l’entità della tragedia russa, il livello di allerta è stato alzato al massimo livello, che si aziona quando la minaccia è “imminente”. Il “rischio zero” non esiste “mai nella vita” ma la Francia “è e sarà pronta”, ha promesso qualche giorno fa Macron. “La polizia, i gendarmi, i prefetti, i servizi segreti saranno pronti”, gli ha fatto eco il suo ministro dell'Interno, Gérald Darmanin. L’attenzione è rivolta soprattutto alla cerimonia di apertura del 26 luglio, giorno in cui lo spazio aereo attorno a Parigi verrà chiuso per 150 chilometri. Ad assistere saranno 326mila persone, ridotte di due terzi rispetto al piano iniziale per contenere la minaccia, e sistemate per la prima volta non dentro uno stadio bensì all’aperto, lungo la Senna. Aumentando il pericolo, sebbene per la maggioranza dei francesi è giusto che sia così. C’è fiducia tra la popolazione, molto preoccupata del rischio attentati (80%) ma allo stesso ottimista che tutto fili liscio (59%). Per un paese che ha al suo interno la più grande comunità musulmana ed ebraica in Europa, vittima come pochi altri delle mire dei fondamentalisti, la speranza non può essere un elemento da prendere in considerazione. Specie se si sommano le varie crisi internazionali in corso, che già di per sé basterebbero per alzare il grado di allerta. “Non dobbiamo perdere di vista il ritorno di una minaccia terroristica islamica legata a teatri esterni, in un contesto geopolitico teso con organizzazioni terroristiche che prendono di mira l’Occidente e che senza dubbio, con l’avvicinarsi dell’evento, coglieranno l’opportunità che i Giochi rappresentano”, ha affermato Céline Berthon, alla guida dell’intelligence interna francese. Una convinzione condivisa anche da Vincent Strubel, direttore generale dell’Agenzia francese per la sicurezza informatica (Anssi), che teme l’interferenza degli Stati stranieri “perché non sono soddisfatti per un motivo o per l’altro, e che potrebbero tentare di interrompere la cerimonia di apertura o causare problemi ai trasporti pubblici”. Tra questi figura la Russia, che in termini di cybersicurezza rappresenta il nemico pubblico numero uno, con i suoi atleti che sono stati esclusi dalla cerimonia iniziale e non potranno partecipare sotto la propria bandiera. Dopo la strage di venerdì, Vladimir Putin ha promesso "rappresaglie" contro chi si celerebbe dietro l'Isis, con Macron unico tra i leader occidentali citato in continuazione dall'élite moscovita. Intervenuto di fronte a una commissione del Senato proprio per affrontare il discorso, il ministro Darmanin ha elencato le diverse possibilità di attacco, che spaziano da qualche lupo solitario già presente nel paese ai vari gruppi esterni. “Alcuni, come Al-Qaeda o lo Stato islamico, hanno l’intenzione di attaccare l’Occidente e la Francia in particolare, sebbene al momento non ne abbiano i mezzi”, ha spiegato. Con una precisazione da brividi: “L’intelligence non è una scienza esatta”.

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