Può Aya Nakamura spaventare i francesi più di russi e jihadisti?

Sono tutti concordi nel dire che il 26 luglio sarà il giorno più pericoloso del 2024 per la Francia. Si terrà la cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici di Parigi e gli organizzatori insistono sul piano A: una cerimonia diffusa per il centro della capitale francese, una grande festa lungo la Senna che per la prima volta porta il primo atto delle Olimpiadi al di fuori di uno stadio. L'Eliseo, per stessa ammissione di Emmanuel Macron, considera questo lo “scenario preferito”, anche se precisa che “se la minaccia dovesse evolversi, se le circostanze lo richiedessero, ci sono scenari di riserva". Preoccupa la minaccia del terrorismo jihadista, ma Macron afferma anche di non avere "alcun dubbio" che la Russia prenderà di mira "in qualche modo" i Giochi di Parigi, anche solo per vie informatiche. Una convinzione corroborata dai “commenti barocchi e minacciosi" ricevuti dai russi in occasione del colloquio telefonico di ieri tra i ministri della Difesa. Di fronte all'impresa olimpica di organizzare in sicurezza un simile evento, che sarà seguito dai media di tutto il mondo e metterà duramente alla prova un intero paese – e non solo, per la sicurezza di Parigi è in arrivo un vero e proprio esercito da ogni angolo del pianeta – la Francia discute con toni apocalittici se sia una “scelta divisiva” e perfino una “umiliazione nazionale” farsi rappresentare nella cerimonia dalla popstar Aya Nakamura – rea, secondo l'accusa, di non essere abbastanza francese. Nata Aya Danioko a Bamako, capitale del Mali, in una famiglia di griot, poeti e cantori della tradizione orale africana, il suo nome d'arte proviene da un personaggio di "Heroes", serie tv della Nbc. Cresciuta in un sobborgo di Parigi e naturalizzata francese nel 2021, ha la doppia cittadinanza francese e maliana. Nei suoi testi usa una lingua originalissima che mescola il francese delle banlieue, l'arabo, l'inglese e idiomi africani come il bambara, quella della sua famiglia. Il suo stile intreccia R&B, zouk e afropop. Le canzoni contengono messaggi politici forti, come la hit Djadja – roba da un miliardo di streaming - che è diventato un inno all'emancipazione delle donne, sul controllo della propria vita e della propria sessualità. Aya Nakamura è di gran lunga l'artista musicale transalpina più ascoltata nel mondo, stando alle classifiche dello streaming e ai 20 milioni di seguaci sui social network. Non appena, dopo un incontro con Emmanuel Macron, è emerso il suo nome fra i possibili artisti coinvolti per le Olimpiadi parigine - ad Aya Nakamura è stata proposta l'esecuzione di un brano di Edith Piaf, “Hymne à l'amour” - l'estrema destra ha sollevato forti dubbi sul fatto che possa davvero rappresentare la Francia, e ha trovato facile sponda nei social network. Di fronte a un'escalation della polemica - ma anche a un'ondata di solidarietà da parte del mondo politico e culturale francese - oggi è dovuto intervenire direttamente il presidente Macron per schierarsi con la cantante franco-maliana, dicendo che la sua presenza è “una buona cosa”, perché “parla a molti dei nostri connazionali e penso che abbia il suo posto in una cerimonia di apertura o di chiusura dei Giochi”. Macron in realtà tiene così la porta aperta anche a un declassamento alla cerimonia finale, tradizionalmente molto meno seguita. E rinvia la decisione al direttore artistico delle cerimonie, Thomas Jolly. Il presidente però afferma con grande forza che “lei fa parte giustamente della cultura francese, della canzone francese”, per cui “voglio difendere questa scelta e il fatto che ci debba essere una libertà artistica, senza fare politica. Penso che dietro questa libertà artistica debba esserci la volontà, che voglio proteggere, di essere liberi di scegliere gli artisti che si esibiranno ed assicurarsi che rappresentino la Francia nella sua diversità e nella sua eccellenza in tutte le sue arti". A destra la pensano in modo opposto. Secondo Marine Le Pen “è una nuova provocazione di Emmanuel Macron, che deve svegliarsi ogni mattina chiedendosi come può umiliare il popolo francese”. La leader del Rassemblement National attacca poi direttamente Aya Nakamura: "Vi parlerò del suo abbigliamento, della sua volgarità, del fatto che non canta in francese. Non canta nemmeno in una lingua straniera. Non sappiamo cosa canta". Durante una convention di Reconquête è bastato che Eric Zemmour menzionasse il nome di Aya Nakamura per far scoppiare salve di fischi. E la sua collega di partito Marion Maréchal ha affermato che “ogni volta che il mondo ci guarda, diamo l'impressione di non accettare ciò che siamo". Il giorno prima il piccolo gruppo di estrema destra Les Natifs aveva esposto uno striscione sulle rive della Senna per dire “Assolutamente no, Aya: questa è Parigi, non il mercato di Bamako”. Sono stati anche fatti dei sondaggi, con il 73% che non considera Aya Nakamura rappresentativa della musica francese, il 63% che non ne approva la presenza alle Olimpiadi, anche se una buona metà di intervistati neanche la conosce. Nakamura ha replicato sui social senza voler soffiare troppo sul fuoco - “puoi essere razzista, ma non sordo”, ha scritto in un tweet - mentre attorno alla sua figura si apriva un dibattito tra tradizione e multiculturalità, con i più discorsi dei più reazionari intrisi di purezza della razza e della lingua, in un contesto di crisi d'identità per la Francia. D'altra parte non è l'unica polemica in campo: nelle scorse settimane era finito nel mirino anche il Manifesto dei Giochi Olimpici in cui sulla cupola di Les Invalides la croce diventa una guglia e scompare la bandiera tricolore transalpina, un'idea dell'artista francese Ugo Gattoni per nulla apprezzata che aveva suscitato grandi polemiche. Per il Journal du Dimanche il sintomo del “malessere di una nazione in disfacimento”, il segnale che la Francia sta sacrificando la propria identità e la propria storia sull'altare delle Olimpiadi. C'è chi obietta che quella di Aya Nakamura dovrebbe essere celebrata come una clamorosa storia di successo multiculturale. Ma si fa sempre più forte la radicalità di chi soffia sulla difesa della tradizione francese: lo indicano i sondaggi per le Europee di giugno, lo indicano quelli per le presidenziali del 2027. Chissà come potrà diventare la Francia, se dovesse imporsi come maggioranza alle urne. 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