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Premio Pulitzer ai reporter ucraini dell'Ap a Mariupol: "Per i loro coraggiosi reportage"

Premio Pulitzer ai reporter ucraini dell'Ap a Mariupol: "Per i loro coraggiosi reportage"
(ansa)
 Il premio Pulitzer, ai reporter dell'Associated Press, per il servizio pubblico - il più prestigioso di tutte le categorie - per i loro "coraggiosi" reportage da Mariupol
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New York - La guerra in Ucraina, come prevedibile, ha dominato i premi Pulitzer per il giornalismo del 2023, con due riconoscimenti assegnati all'Associated Press e uno al New York Times. In un anno pieno di crisi, però, non era possibile dimenticare il Covid, la cancellazione della sentenza che aveva legalizzato l'aborto a livello federale, e anche le tensioni razziali che persistono dopo l'uccisione di George Floyd.  

Il premio più ambito assegnato dalla Facoltà di Giornalismo della Columbia University, quello per il Public Service, è andato a Mstyslav Chernov, Lori Hinnant, Evgeniy Maloletka e Vasilisa Stepanenko dell'Associated Press, per il "coraggioso lavoro" fatto restando nella città assediata di Mariupol, mentre gli invasori russi massacravano i civili pur di conquistare il territorio necessario a costituire un collegamento via terra con la Crimea. Sempre l'agenzia AP ha vinto nella categoria Breaking News Photography, per le immagini dell'aggressione russa riprese da Rodrigo Abd, Bernat Armangue, Felipe Dana, Nariman El-Mofty, Vadim Ghirda, Evgeniy Maloletka ed Emilio Morenatti.

L'Ucraina ha ovviamente dominato anche la sezione International Reporting, dove lo staff del New York Times è stato riconosciuto in particolare per le inchieste sul massacro di Bucha.

Il Feature Writing è andato invece a Eli Saslow del Washington Post, per aver raccontato il dramma degli americani alle prese con la pandemia, ma anche i senzatetto e quelli afflitti dalle dipendenze, o penalizzati dalle disuguaglianze.

Il National Reporting è stato assegnato a Caroline Kitchener, sempre del Washington Post, per un'altra emergenza esplosa nel paese, quando la Corte Suprema ha annullato la sentenza Roe vs Wade. In particolare ha colpito il racconto delle storie di donne costrette a far fronte da un momento all'altro all'impossibilità di interrompere le loro gravidanze.

L'uccisione di George Floyd a Minneapolis risale al 2020, ma tre anni dopo i problemi razziali che ha sollevato risuonano ancora. Perciò il premio General Nonfiction è andato al libro "His Name Is George Floyd: One Man's Life and the Struggle for Racial Justice", di Robert Samuels e Toluse Olorunnipa. I due giornalisti del Washington Post, facendo il ritratto di Floyd, hanno puntato la luce sulle contraddizioni e i conflitti che assillano l'America.

Anche l'immigrazione resta una crisi sempre aperta, in vista delle presidenziali del prossimo anno. Perciò Caitlin Dickerson dell'Atlantic ha vinto il premio per Explanatory Reporting, con un'inchiesta durata 18 mesi sugli effetti delle separazioni delle famiglie ordinate da Donald Trump.

Nel settore artistico, il Pulitzer per la Fiction è stato assegnato a "Demon Copperhead" di Barbara Kingsolver e "Trust" di Hernan Diaz, mentre quello per Drama è andato al testo teatrale "English" di Sanaz Toossi, che dipinge le dinamiche di una classe di adulti che si prepara a fare un esame di inglese vicino Teheran. Per la Poetry ha vinto "Then the War: And Selected Poems, 2007-2020" di Carl Phillips, e per la Music l'opera "Omar" di Rhiannon Giddens e Michael Abel, presentata nel maggio scorso allo Spoleto Festival USA di Charleston, in South Carolina