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Argento Vivo. Olimpiadi 1920: Fratelli d'Italia

Gedi Visual
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L’arte di vincere si impara nelle sconfitte
(Simon Bolivar)

 

L’Europa era uscita devastata dalla Grande Guerra e dalla Febbre Spagnola. Dopo cinque anni di conflitto e due di epidemia, anche il mondo dello sport aveva pagato un prezzo durissimo: almeno 115 atleti olimpionici avevano perso la vita nei combattimenti.

Nel 1920 però c’è voglia di ripartire. Il Cio decide all’unanimità di assegnare i Giochi Olimpici ad Anversa. Simbolicamente si sceglie il Belgio, uno dei campi di battaglia che aveva subito le maggiori distruzioni, con gran parte delle città da ricostruire. Lo strascico del conflitto si vede anche nelle assenze ai Giochi: escluse le Nazioni sconfitte come Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia, manca anche la Russia, che rifiuta l’invito per motivi politici.

Nella cerimonia di inaugurazione ci sono tre novità che fotografano, anche qui simbolicamente, la nuova atmosfera di speranza e di pace che si vuole respirare: viene recitato il Giuramento Olimpico, scritto dal barone Pierre de Coubertin. Viene innalzata la nuova bandiera olimpica a cinque cerchi. E vengono liberate in volo le colombe bianche, in segno di pace.

Le armi stavolta servono solo per lo sport, non per la guerra: da record il programma di tiro, con ben 21 gare. La stampa ironizza dicendo che “ad Anversa si è sparato più che a Verdun”. A pieno regime anche il programma di scherma, che in quella edizione dei Giochi viene dominato da due fratelli italiani: Nedo e Aldo Nadi.

Comincia dal 1920 una tradizione: quando si tira di scherma, il Medagliere azzurro sorride.

Protagonista della nostra storia è Aldo Nadi, ben tre ori nella scherma ad Anversa 1920, tutti di squadra, ma anche una dolorosa medaglia d’argento. Sconfitto nella sciabola individuale dal fratello Nedo. Quel duello perso e rimasto senza rivincita, Aldo Nadi non lo dimenticherà mai. Vivrà per sempre con l’assillo di dimostrare di essere lui il più grande. 

ullstein bild Dtl. via Getty Images
ullstein bild Dtl. via Getty Images 

 

14 agosto 1920. Cerimonia di apertura. L’Italia per la prima volta veste di azzurro. Il portabandiera è proprio Nedo Nadi, già oro nel fioretto nel 1912. Dietro di lui sfilano 161 uomini e una donna, Rosetta Gagliardi, tennista, seconda italiana a prendere parte ai Giochi dopo Elvira Guerra nell’equitazione a Parigi 1900. Non c’è un villaggio olimpico, gli atleti italiani alloggiano in una scuola di Avenue de Belgique in camerate a più letti, come in una caserma, con poco cibo e senza rimborso spese. Tra gli atleti di punta della spedizione azzurra ci sono i fratelli Nadi. Nedo e Aldo, più giovane di 5 anni. Sono i figli del maestro d’armi Beppe Nadi, fondatore dello storico Circolo Scherma Fides di Livorno.

Due fratelli, come il giorno e la notte. Nedo è introverso, metodico, maniacale, talento assoluto combinato con una volontà ferrea. Aldo è estroverso e fantasioso, bizzoso e attaccabrighe, attratto irresistibilmente dalla fama, dal gioco e dalle donne. 

In comune i due fratelli hanno il maestro: il padre Beppe è un allenatore severissimo. Raccontano i ragazzi Nadi che sin da piccoli vengono educati con le urla e le dolorose frustate in punta di fioretto del padre. Racconta Aldo: “Appariva ai tuoi occhi di fanciullo come un energumeno dal quale neppure il diavolo ti avrebbe potuto salvare”. Papà Beppe è alla continua ricerca della perfezione del gesto. 

Nedo e Aldo tirano di fioretto e di sciabola, perché per il padre la spada è un’arma indisciplinata, pericolosa, e quindi proibita. I due allora vanno a tirare di spada di nascosto dal padre e anche lì si scoprono fenomeni. 

I risultati sportivi di Nedo sono straordinari da subito, ma la carriera dei fratelli Nadi viene interrotta dalla guerra. Durante il conflitto Nedo è promosso capitano ed è il primo ufficiale di cavalleria a entrare a Trento, finalmente italiana. Aldo, giovanissimo, milita come ufficiale di cavalleria. 

Dopo la Guerra, il ritorno in pedana alle Olimpiadi 1920, trionfale.

Bettmann via Getty Images
Bettmann via Getty Images 

 

Il primo oro per Nedo e Aldo è nel fioretto a squadre: è Aldo a dare il contributo determinante per sconfiggere la Francia. 

Nel fioretto individuale trionfa Nedo Nadi: si è aggiudicato 22 incontri su 24, ma sembra non bastare perché il francese Cattiau sta facendo meglio di lui: al francese manca un ultimo incontro, quello con l’azzurro Pietro Speciale, fin lì disastroso con 10 sconfitte consecutive. Ma l’atleta azzurro tira fuori l’orgoglio e prevale sul francese, regalando a Nedo Nadi, ormai sicuro dell’argento, un insperato oro. E sono due. Quando Re Alberto del Belgio se lo ritrova sul podio gli dice: “Ancora voi, Monsieur Nadi?”.

Nedo non si ferma. Spada a squadra, ancora oro, il terzo, anche nell’arma che il padre disprezzava: è proprio Nedo stavolta a trascinare gli azzurri. Forse per rispetto del padre, i due fratelli non si iscrivono invece al torneo di spada individuale.

Qualche giorno dopo si gareggia nella sciabola individuale: lì si incrociano le armi di Nedo e Aldo. Il fratello più grande mette in riga tutti, sconfigge in pedana anche Aldo, e conquista il suo quarto oro. Per il fratello più giovane anche lo smacco di un confronto ravvicinato e di una frase pronunciata a brutto muso: “Nedo Nadi non arriva secondo”.

Il quinto oro, infine, nella sciabola a squadre, dominata dall’Italia. Per Nedo Nadi cinque ori nella stessa Olimpiadi: un primato assoluto. Per Aldo Nadi tre ori di squadra, ma nessuno nell’individuale. Un trionfo per i Fratelli d’Italia. L’inno risuona ripetutamente durante le premiazioni della scherma.

Non va così invece, sempre ai Giochi di Anversa, in occasione dell’oro del marciatore azzurro Ugo Frigerio: sembra che la banda avesse smarrito lo spartito dell’inno italiano e ripiegò su un brano che i musicisti conoscevano alla perfezione. Era O’ Sole mio, cantato a gran voce dal pubblico presente.

wikipedia
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Dopo le Olimpiadi i fratelli Nadi passano subito al professionismo. La scherma a quel tempo è uno sport popolarissimo, esibizioni e tornei hanno in palio borse generose. In realtà Nedo va per un anno a Buenos Aires, poi torna e riprende a gareggiare, resterà imbattuto in 72 tornei. Aldo passa professionista subito dopo i Giochi di Anversa, vince tanto e guadagna anche lui benissimo.

I due fratelli Nadi sono senza rivali in tutte le armi, è persino difficile trovare degli avversari all’altezza. Soprattutto evitano di scontrarsi fra di loro. Le loro strade si incrociano nuovamente solo nel 1935. Si sono già ritirati entrambi. Sono 15 anni, da Anversa, che non si sfidano in pedana in competizioni ufficiali. Da tempo non si parlano più neanche. Un amico comune riesce però a convincerli, dietro lauto compenso, a tirare di fioretto in pubblico l’uno contro l’altro: l’evento si tiene a Cannes, ampiamente pubblicizzato, i francesi impazziscono per loro. È una esibizione senza punteggio, non vengono contate le stoccate, ma state certi che le migliaia di persone accorse le contano eccome. Viene invitato anche papà Nadi, è un riconoscimento per il maestro dei campioni. 

 

Alla vigilia di quell’incontro i fratelli Nadi scrivono due articoli sulla Stampa di Torino. Aldo si dice “curioso” della sfida, “curioso di valutare le mie energie, la mia forza, il mio coraggio”. Riconosce al fratello Nedo di essere, “dal punto di vista meccanico e tecnico, lo schermidore più completo che forse sia mai esistito”. Tira però una stoccata delle sue, nel dire che “il suo sistema nervoso l’ha tradito e lo tradisce spesso”. Aldo conclude scrivendo che “le nostre carriere sono sensibilmente eguali, salvo quella da dilettante di mio fratello, più vecchio di me di sei anni”. 

Nedo invece depotenzia totalmente la sfida: “Saranno belle stoccate, saranno brutte, saranno più da una parte o più dall’altra, io non so; certo non lasceranno traccia, né avranno un seguito e neppure succederà che ognuno, preso a parte, magari sottovoce, si proclami vincitore”. 

È molto curioso però come Aldo Nadi racconta quella sfida nella sua autobiografia, “The living sword”, scritta quando i testimoni, sia Nedo sia il padre, sono ormai deceduti. Aldo rivela che Nedo gli propose una combine: “Tutta la Francia ci guarda, mi sembra che nessuno di noi dovrebbe dare un spettacolo che potrebbe, successivamente, far parlare di sé in termini sfavorevoli. Di fronte a papà suggerisco di tirare in modo tale che alla fine del combattimento nessuno di noi possa affermare di aver messo una botta più dell’altro”. 

Il grande Nedo, nella versione raccontata da Aldo, lo supplica di accomodare il risultato. Prosegue Aldo nel suo libro: “Avrei potuto dirgli: Mi dispiace, Nedo, ti schiaccerò, se posso, come ho fatto per dieci anni con chiunque è venuto davanti a me. Proprio perché tutta la Francia ci guarderà, voglio mettere bene in chiaro chi è il numero uno”. Aldo in pratica accusa il fratello di essersi sottratto alle sfide negli anni passati. Racconta però che accetta la proposta di accordo per amore del padre anziano: “Era lì e non aveva aperto bocca. Avrei potuto avvelenare i suoi ultimi giorni?”. L’accordo era fatto, i fratelli decisero prima come arrivare a un pareggio e mantennero la parola.

Vera o artefatta, la versione appare molto romanzata. D’altro canto Aldo non è un cuore d’oro, basta poco per infiammarlo e il suo modo di risolvere le contese è sfidare a duello: nessun problema a ferire gravemente un giornalista che lo aveva irriso, o a proporre una resa dei conti con la pistola a un altro gigante della scherma italiana, Edoardo Mangiarotti, dopo un alterco. 

Difficile immaginare la pietas di Aldo Nadi nei confronti del fratello odiato e del padre-maestro in quella sfida di Cannes, che raccontata decenni dopo faceva sanguinare nuovamente la ferita della sconfitta olimpica di Anversa. 

In età più avanzata Aldo tenta la via del cinema, emigra in America e cerca fortuna a Hollywood. Insegna scherma ai divi del grande schermo, poi ha una piccola parte in un film, “Avere e non avere”, con Humphrey Bogart e Lauren Bacall. Non arriva però il successo sperato, a Hollywood più che altro si ritrova a fare consulenza per i film di cappa e spada che andavano molto di moda all’epoca. Era la vita di Aldo Nadi, talento, soldi, gioco, donne, fama, un ego smisurato e un fratello molto ingombrante. 

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