Maldive cinesi. Trionfo elettorale per il partito filo-Cina del presidente Muizzu

Il partito al governo delle Maldive, il Congresso Nazionale del Popolo, ha ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento nelle elezioni di domenica, dando una spinta decisiva alle politiche filo-cinesi del presidente Mohamed Muizzu. Il partito del presidente Muizzu ha ottenuto infatti ben 71 seggi nel Majlis, il locale parlamento composto da 93 membri, mentre principale partito di opposizione, il Partito Democratico delle Maldive, ha ottenuto soltanto12 seggi. Muizzu ha vinto il voto presidenziale lo scorso anno con una campagna tutta indirizzata a ridurre drasticamente l'influenza dell'India nell’arcipelago. Il presidente si è mosso subito dopo il suo insediamento per chiedere la rimozione delle truppe indiane di stanza su uno degli isolotti del paese. Nuova Delhi ha accettato di ritirare le sue truppe, che gestiscono radar e aerei, dall’isola entro il 10 maggio. Pechino, nel frattempo, ha potenziato i suoi rapporti diplomatici con le Maldive trasformandole in un “partenariato cooperativo strategico globale”, una partnership consolidatasi durante la visita di cinque giorni di Muizzu in Cina lo scorso gennaio. La Cina ha accettato di fornire assistenza militare gratuita alle Maldive e il presidente Xi Jinping ha affermato che Pechino cercherà di aumentare i voli diretti verso l’isola. I due paesi hanno inoltre concordato di aumentare la cooperazione nei settori del commercio, degli investimenti, dell’agricoltura e altri. La svolta pro-Cina del paradiso dei vacanzieri di tutto il Mondo non ha fatto per nulla piacere agli Usa – che considerano l’Inda un sostanziale alleato e mantengono una presenza strategica militare importante nell’Oceano Indiano sull’isola di Diego Garcia – e tantomeno all’India, che considera il piccolo arcipelago di spiagge bianche e acque cristalline una sua “zona di influenza esclusiva”. Ma l’aggressiva politica, che si potrebbe facilmente etichettare come “neo-coloniale”, di Pechino nell’area indo africana sta mettendo seriamente in discussione le convinzioni di Nuova Deli. Per capire quanto sia importante per i due contendenti, Cina e India, “conquistare” questa serie di atolli basta viaggiare in auto dalla capitale, Malé, verso l’aeroporto internazionale - ampliato da compagnie cinesi - situato su in isolotto a est. Dal 2018 l’autostrada corre su di un lungo ponte denominato “China Maldives Friendship Bridge” simbolo dell’”amicizia Cina-Maldive” e, ovviamente, costruito da aziende cinesi con i soldi di Pechino. Ma cambiando direzione, vicino all’Indira Gandhi Memorial Hospital, un ponte marittimo ancora più lungo collegherà Malé con le isole a ovest, questa volta costruito da lavoratori indiani, con soldi provenienti da Nuova Deli. La posizione geografica delle Maldive le rende del resto una priorità strategica per entrambe le superpotenze asiatiche. La Cina ha bisogno di una presenza militare sul Mar Arabico per salvaguardare il suo accesso al petrolio del Golfo Persico. E l’India, che si è scontrata con la Cina lungo il confine himalayano, vuole assicurarsi che le Maldive, così vicine, non diventino troppo amichevoli con Pechino. L’economia del piccolo arcipelago vale oggi circa 6,5 miliardi di dollari all’anno, di cui ben 6 miliardi vengono dal turismo e la maggior parte di quanto resta, dalla pesca del tonno. L’obiettivo del ministro dello sviluppo economico, Mohamed Saeed, è farne un’economia da 12 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni. Con l’aiuto della Cina, è chiaro. Il Paese è diventato una democrazia solo nel 2008, con l’elezione di un giovane leader carismatico, Mohamed Nasheed. L'attuale presidente, Mohamed Muizzu, è stato eletto cinque mesi fa. Muizzu è entrato in carica dopo aver condotto una campagna su una piattaforma “India Out”, che chiedeva l’espulsione di circa 80 militari indiani di stanza alle Maldive. Nelle elezioni dello scorso anno, Muizzu ha condotto una campagna basata sullo slogan “India fuori”, incentrata sulla rimozione delle dozzine di truppe indiane di stanza nel paese – lì per operare con elicotteri e aerei – che ha descritto come una minaccia per la sicurezza nazionale e sovranità del Paese. Muizzu e il suo governo dell’Alleanza Progressista erano già noti per le loro tendenze filo-cinesi. Durante il loro ultimo periodo al potere, tra il 2013 e il 2018, hanno firmato un accordo di libero scambio con la Cina. E’ stato proprio Muizzu, che all'epoca era sindaco della capitale Malé, a supervisionare la costruzione del China Maldives Friendship Bridge. In quello che molti hanno visto come un chiaro segno delle sue priorità, dopo aver preso il potere, la prima visita presidenziale di Muizzu è stata appunto in Cina, dove i due paesi hanno firmato circa 15 accordi, e da allora ha mantenuto fermo l'impegno di rimuovere tutte le truppe indiane dal paese. Le tensioni sono aumentate ulteriormente a gennaio dopo che il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha visitato Lakshadweep, un arcipelago indiano a 80 miglia a nord delle Maldive per promuovere il turismo. La visita è stata percepita da alcuni alle Maldive come un tentativo di allontanare i viaggiatori dal loro paese, la cui economia dipende fortemente, come si è detto, dal denaro dei turisti. Alcuni ministri delle Maldive si sono spinti fino a definire pubblicamente Modi come un “terrorista” e un “pagliaccio”, anche se in seguito sono stati sanzionati per questi commenti. In cambio, molti in India hanno chiesto ai turisti di boicottare le Maldive e una compagnia di viaggi indiana ha sospeso i voli con Malé. Il mese scorso, poi, il governo delle Maldive ha consentito l’ingresso nelle sue acque anche di una controversa nave da ricerca cinese, nonostante le obiezioni dell’India, che l’ha etichettata come “nave spia”. Ma tra gli atolli e le spiagge bianche dell’arcipelago non tutto è paradisiaco. La popolazione locale, a larghissima maggioranza musulmana (le Maldive sono uno stato che si definisce “100% islamico”) non conduce una esistenza così agiata come gli splendidi resort e lo stile di vita dei turisti potrebbe erroneamente far credere. E a causa del suo status di paese islamico, le minoranze religiose, specie quelle cristiane, sono duramente perseguitate. Secondo la denuncia dell’associazione Porte Aperte/Open doors, qualsiasi deviazione dai valori islamici viene facilmente individuata e segnalata alle autorità o ai leader musulmani dell’arcipelago maldiviano. Pertanto, coloro che abbandonano l’islam devono mantenere segreta la propria fede ed accade che perfino che mariti, mogli e figli non sappiano nulla della fede degli altri familiari. Se scoperti, i credenti potrebbero essere privati della cittadinanza, isolati dalla società e potrebbero perdere i benefici statali per aver violato la sharia (legge islamica). Anche se i cristiani stranieri, che lavorano soprattutto nel settore turistico, hanno una libertà leggermente maggiore rispetto ai maldiviani convertiti, i loro incontri vengono strettamente monitorati e controllati dalle autorità. Ai cristiani stranieri è severamente vietato condividere la propria fede con i locali. Il controllo sugli espatriati è aumentato a seguito di un decreto emesso dal Ministero islamico nel 2022, che consigliava agli agenti di viaggio, e a coloro che gestiscono i lavoratori, di assicurarsi che essi sappiano rispettare e osservare i valori e le leggi islamiche delle Maldive.

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