Lo scandalo di Bruxelles

Calcio e sacchi di contanti, ecco la diplomazia vincente del Qatar

di Gianfrancesco Turano   15 dicembre 2022

  • linkedintwitterfacebook

Soldi cash in cambio di giudizi positivi sulle condizioni di lavoro nel Golfo. Alcuni le chiamano lobby. Secondo i magistrati belgi, è corruzione. E con l’arresto di Panzeri, Kaili e gli altri, tutta la sinistra europea fa una figuraccia storica

Il Mondiale di calcio in Qatar finisce da dove era iniziato. Un’inchiesta giudiziaria per corruzione guidata dalla magistratura di Bruxelles ha investito i palazzi dell’Ue sette anni dopo il blitz di Zurigo coordinato dall’Fbi del maggio 2015 contro i massimi dirigenti della Fifa del tempo. E, se l’ex presidente Joseph Blatter è uscito assolto dal processo elvetico, per la vicepresidente destituita del Parlamento di Strasburgo la socialista greca Eva Kaili, per il suo compagno Francesco Giorgi, per l’ex europarlamentare Pier Antonio Panzeri, passato dal Pd ad Articolo Uno, si parla di flagranza di reato. Niente fatture false, consulenze fittizie o sofisticati pagamenti estero su estero. Viaggi extralusso a costo zero e sacchi di soldi. Banconote per oltre un milione e mezzo di euro sono state sequestrate nelle abitazioni di Kaili e di Panzeri. Coinvolte anche due Ong, con l’arresto di Niccolò Figà Talamanca di No peace without justice, un deputato in carica, il socialista belga Marc Tarabella, perquisito nel suo ufficio, e il capo del sindacato mondiale Ituc Luca Visentini, arrestato e subito rilasciato.

In attesa che gli accusati chiariscano la loro posizione, una figuraccia storica si sta abbattendo sulla sinistra europea e sulle organizzazioni dei lavoratori. Un comunicato del sindacato eretico Usb la sintetizza in modo affabile: «Visentini, dalla Uil a capo dei sindacati gialli mondiali al fermo per corruzione. Ascesa e rapida caduta del sindacalista amico degli emiri del Qatar».

In realtà, sembra difficile accollare a Visentini, che è passato dalla guida del sindacato europeo Etuc a quella dell’Ituc il 22 novembre 2022, la costruzione paziente e fin troppo edificante di un alibi per l’emirato del Golfo, colpito da accuse gravissime sul trattamento dei lavoratori migranti impegnati nel progetto Qatar 2022.

L’Ituc, che è stata fra i principali accusatori del sistema kafala, pudicamente anglicizzato in sponsorship ma traducibile in semischiavitù, ha cambiato rotta in modo sensibile da cinque anni in qua. Fino al 2018 il Global rights index che ogni anno il sindacato mondiale dedica alla situazione dei diritti dei lavoratori nel mondo inseriva il Qatar in fascia 5 su una scala che partiva dai Paesi più avanzati, fra i quali l’Italia, a quota 1. Peggio del voto 5 c’è solo 5+, una fascia dove figurano nazioni dove non esiste più una legge se non quella della guerra, come Siria, Yemen, Libia o Sudan.

Il punto
Qatargate, il più grande scandalo della storia dell’Europarlamento
12/12/2022

Dopo essere sparito dall’edizione 2019 perché «il Paese stava affrontando un periodo di rapide riforme legislative», a detta dell’Ituc, il Qatar torna a essere valutato nel rapporto del 2020 e citato fra le nazioni che hanno fatto passi avanti. Il voto migliora da 5 a 4, una fascia che peraltro segnala i luoghi dove esistono «sistematiche violazioni dei diritti». A metà del 2022, pochi mesi prima dell’inizio del Mondiale di calcio, il rapporto Ituc tiene il Qatar fermo in fascia 4 ma segnala che «nonostante gli sforzi in varie nazioni del Golfo, compresi Qatar e Arabia Saudita, di mettere fine al sistema kafala, i lavoratori migranti che rappresentano la maggioranza della forza lavoro di questi Paesi, sono rimasti esposti a severi abusi dei diritti umani, specialmente negli Emirati arabi uniti».

Insomma, Abu Dhabi e Dubai cattivi. Sauditi e Qatar sulla buona strada. Eppure, anche se Doha ha ufficialmente abolito il sistema kafala nell’agosto del 2020, quindi dopo la promozione in fascia 4 da parte dell’Ituc e sei mesi prima che The Guardian denunciasse 6.571 morti nei cantieri per il Mondiale, i problemi di fondo sono rimasti. In Qatar la libertà di associazione sindacale rimane vietata ed è stata sostituita da comitati congiunti fra datori di lavoro e dipendenti dove è facile capire chi decide. Molte Ong come Amnesty international e Human rights watch hanno denunciato l’espulsione forzata dei lavoratori dal Qatar dopo la chiusura dei cantieri del mondiale con la proibizione di trovarsi un altro posto che è tipica del sistema kafala apparentemente abolito.

Eppure è bastato poco per accontentarsi. L’Ituc che nel 2013 pretendeva un nuovo voto sull’assegnazione del torneo Fifa e che nel 2014 apriva una procedura contro l’emirato del Golfo, nel novembre 2017 firmava la pace con gli al-Thani in cambio di un tavolo tecnico di collaborazione. Oltre all’Ituc, anche l’International labour organization (Ilo), l’agenzia specializzata delle Nazioni unite, ha messo il bollino di qualità sul Mondiale. Il 4 dicembre 2022 a Doha il dg dell’Ilo, l’ex premier del Togo Gilbert Houngbo, ha lodato lo sforzo del Qatar «per i progressi fatti negli ultimi anni».

Ancora prima era arrivato il placet del comitato di verifica creato dall’Uefa, che ha verificato quanto gli hanno lasciato verificare. Dopo di che, tutti davanti al televisore ad ammirare le magnifiche quattro arrivate alle finali, incluso quel Marocco che ha potuto affrontare le avversarie come se giocasse in casa grazie a una sorta di rara solidarietà panaraba.

La pista dei magistrati belgi è delineata in modo chiaro. Un gruppo di politici e sindacalisti ha aiutato l’emirato del Golfo a sciacquare i panni dei diritti. L’elemento unificante di questo gruppo, oltre alla militanza a sinistra, è la lingua di Dante. Senza cadere nel folklore razzista sulla dotazione etica dei popoli mediterranei, è nelle cronache la campagna di investimento della famiglia al-Thani tra Francia, Italia e Grecia dove il padre di Tamim, l’ex regnante di Doha Hamad al-Thani, esordì nel 2013 con l’acquisto per diletto personale delle Echinadi, sei isole fra Itaca e Cefalonia. In Francia ogni anno il calciomercato del Paris Saint-Germain batte un nuovo record di spesa, senza grossi disturbi da parte degli organi di controllo finanziario dell’Uefa. Secondo Blatter, è stato proprio l’allora capo della Uefa, Michel Platini, a chiudere in una cena all’Eliseo del novembre 2010 l’accordo per Qatar 2022 con una contropartita che includeva un ordine di aerei da guerra made in France da 14,6 miliardi di dollari e, appunto, l’acquisto del Psg caro al presidente Nicolas Sarkozy.

Lo scandalo corruzione
Manon Aubry: «Il Qatargate è solo all’inizio, spunteranno altri nomi di corrotti in Parlamento»
13/12/2022

E gli italiani? Sono note le vicende della Costa Smeralda dove la Qatar holding ha rilevato le attività turistiche in Costa Smeralda di Karim Aga Khan, guida spirituale degli ismailiti e dunque di quell’Islam sciita che gli al-Thani, pur essendo sunniti, hanno frequentato con alleanze sgradite al blocco americano-saudita, come quella con l’Iran o con gli Hezbollah libanesi.

Ma Tamim al-Thani non disdegna forme audaci di trasversalità confessionale tanto da condividere la compagine sociale dell’ospedale privato sardo Mater Olbia, guidato dalla Qatar Endowment foundation con la Fondazione padre Agostino Gemelli.

Nell’immobiliare si segnala anche l’investimento in Coima Res, la società di Manfredi Catella che ha messo a disposizione il maxischermo per seguire i Mondiali in piazza Gae Aulenti a Milano in collaborazione con il consolato qatariota. Infine, c’è un interesse dichiarato per la Sampdoria penultima in serie A. La situazione del club doriano è tutt’altro che chiara. Ma la ricostruzione dei passaggi di proprietà tra football e industria è suggestiva. La Samp è stata ceduta dalla famiglia Garrone nel 2014 a Massimo Ferrero, romano e romanista, ignoto in Riviera fino a quel momento. Il club blucerchiato è passato di mano due anni dopo che i Garrone avevano incassato 400 milioni di euro per la cessione della raffineria Isab di Priolo Gargallo (Siracusa) al colosso russo Lukoil.

Oggi l’invasione dell’Ucraina ha portato al blocco dell’Isab che è sul mercato con un’offerta da parte del qatariota Ghanim bin Saad al Saad, introdotto da una pattuglia di consulenti fra i quali spicca Massimo D’Alema, riferimento politico di Panzeri quando il sindacalista bergamasco era baluardo del riformismo con il suo “gruppo dei 49” contro le segreterie di Sergio Cofferati e di Guglielmo Epifani.

Si vedrà presto se Sampdoria e Isab finiranno sotto la bandiera qatariota. Di sicuro la diplomazia del calcio ancora una volta si è dimostrata un’arma vincente. Soprattutto quando si abbina ai sacchi di denaro.